Calpestarne una al giorno
Sono convinto che il rispetto delle regole sia fondamentale per un partito e a maggior ragione per un partito come il PD, in crisi d'identità e che ha l'ambizione di diventare una forza credibile e di governo. La boutade estiva di Grillo dovrebbe averci insegnato qualcosa.
Ora va detto che le regole per eleggere il segretario del Partito Democratico sono chiare, anche se inserite in un percorso tortuoso e discutibile.
Si individuano dei candidati attraverso una votazioni tra gli iscritti al partito; candidati che si sfideranno in seguito in primarie aperte a tutti.
Chi ottiene il 50% +1 dei voti viene eletto segretario. Se nessuno supera questa soglia, il segretario sarà nominato da un'assemblea di mille delegati (delegati a loro volta eletti durante le primarie nelle liste collegate ai candidati a segretario).
Che Bersani e Franceschini siano disposti, in seguito alla riflessione di Scalfari, a rivedere e annullare il terzo passaggio per decidere tutto alle primarie qualunque-risultato-si-ottenga è promettente e confortante, che siano disposti a cambiare le regole a partita non ancora conclusa lo è molto meno.
Il fatto poi che sia Marino a bloccare l'iniziativa ergendosi a paladino-delle-regole-scritte, quando non più tardi di due settimane fa avesse proposto agli altri due un accordo per l'accettazione del vincitore delle primarie a prescindere dal risultato, appare surreale e insensato.